Oggi parliamo di come si formano i ricordi all’interno del cervello plastico che caratterizza noi umani dai primi attimi di vita; nello specifico cercheremo di capire da quando si attiva la memoria nel neonato, come si iniziano a ordinare i ricordi e quali restano impressi nella nostra memoria da adulti.
È un po’ come rispondere alla domanda che noi genitori spesso ci facciamo, quando particolarmente stremati e provati magari da notti insonni ci chiediamo se ne varrà la pena, perché tanto non se lo ricorderà mica…del resto siamo noi i primi a non avere memorie della nostra prima infanzia, o no?
Beh, spero che quanto leggerai possa motivarti ulteriormente e esserti di supporto concreto durante i momenti di sconforto e stanchezza, perché il tuo bambino si ricorderà tutto anche se non sarà in grado di verbalizzarlo, di raccontartelo in maniera così esplicita come so che vorresti.
Quanto vedremo assieme è il risultato dei più recenti studi di neuroscienze che ho avuto modo di approfondire durante la mia formazione come referente certificata BabyBrains che sono laboratori di 6 incontri (online e in presenza) che rivolgendosi ai genitori hanno proprio lo scopo di raccontar loro come si sviluppa a livello cognitivo la mente dei piccolini a partire dalla nascita fino a tutto il periodo prescolare; i lab sono stati approvati e sono supportati dalla facoltà di Psicologia dell’Università Cambridge e portati in Italia da Il Parto Positivo.
Bene, piccolo preambolo d’obbligo per poterti rassicurare che le informazioni che leggerai non sono campate per aria ma che hanno appunto una base scientifica che arriva a me grazie alla mia specifica formazione (può scoprirne di più cliccando qui!).
Come si sviluppa la memoria nei neonati
Il bambino in fascia altamente sensibile e recettiva agli stimoli esterni, che comprende tutto il periodo prescolare e nello specifico proprio lo 0-3, immagazzina e organizza ricordi attraverso le percezioni sensoriali fatte di tatto, di udito, di movimento alle quali sono sempre associate delle emozioni che si fissano nella sua memoria in maniera automatica andando a costruire degli schemi comportamentali che creeranno la sua specifica personalità nella sua vera unicità di individuo.
Questo significa che ciò che guida le nostre azioni, i nostri pensieri logici (resi tali dalla neocorteccia) in verità sono mossi e sono la risultante di qualcosa che sta al di sotto: ovvero, le associazioni tra sensazione e movimento.
Capiamo bene che qui si ribaltano un po’ le cose e più che il paradigma di Cartesio che recita “Cogito ergo sum – Penso quindi sono” qui ci troviamo di fronte a un “sento quindi sono”.
Non è semplicemente una questione di DNA, non siamo chi siamo solo perché c’è un codice a dirlo…non si tratta solo di innatismo.
Così come del resto non si tratta solo di empirismo come sostenuto da Watson e i seguaci del comportamentismo. Il punto centrale di questa teoria è che un comportamento possa essere condizionato associando ripetutamente uno stimolo neutro a una risposta non esplicitamente correlata; avrai sicuramente sentito parlare dell’esperimento sui cani di Pavlov.
Nei test di Pavlov si faceva precedere alla pappa un suono di una campanella in modo che il cane apprendesse che a seguito del suono, avrebbe ricevuto il cibo. Come conseguenza a questo si ha che il suono, che di per sé sarebbe uno stimolo neutro, genera salivazione nel cane, ossia una risposta condizionata.
No, l’essere umano – e partiamo tutti dall’essere neonati – è la risultante di mix biologici, fisiologici ed esperienziali; siamo il risultato di più fattori che interagiscono tra loro e infatti attualmente si parla di epigenetica e di come le nostre esperienze quotidiane possano modificare il nostro codice genetico per essere poi trasmesso per via ereditaria.
Lo sviluppo del cervello dipende in gran parte proprio dalle esperienze, tanto positive quanto negative, che viviamo.
A questo discorso si collega il concetto di plasticità neuronale, ovvero la capacità del nostro cervello di svilupparsi ben oltre la nascita e in continuo, il che significa che ha l’abilità di produrre costantemente neuroni e sinapsi partendo dalle esperienze che vive in una costante ricerca di equilibrio tra il creare e il fare spazio andando a eliminare ciò che non serve, ciò che non si ripete e che quindi non è funzionale.
E questo processo raggiunge il suo apice proprio nei primissimi anni di vita ed ecco che questa informazione ci aiuta a rispondere alla domanda inziale, ossia “ne varrà la pena?”.
Assolutamente si, perché il cervello nella sua fase di sviluppo per arrivare al pensiero logico, al pensiero complesso e del linguaggio passa prima e ha bisogno per organizzarsi e maturare proprio di esperienze concrete, vissute che lo guidino poi nelle creazione di re-azioni.
Nei primissimi anni, 0-2, il bambino è dominato prevalentemente dal cervello rettiliano – quello dei sensi, della sopravvivenza, dell’istinto – e dal cervello limbico – quello della cura, delle emozioni, delle relazioni e della presenza.
In questi anni il bambino non parla, non organizza e impacchetta i ricordi in maniera esplicita ma li vive, ne fa esperienza e ne viene plasmato.
Sapere pertanto che l’ambiente e l’approccio che hai col tuo bambino lo influenzerà e lo aiuterà nella definizione e costruzione del proprio sé, direi che è un’informazione preziosa e che deve farci riflettere.
Il cervello del neonato ha il compito di adattarsi e noi genitori abbiamo il compito di facilitare questo processo, con un approccio educativo che possa sviluppare a pieno tutte le sue potenzialità.
In questo, la Montessori è stata una visionaria poiché aveva intuito l’importanza e l’influenza dell’ambiente sul processo cognitivo del bambino.
Le sue teorie sono state poi confermate anni successivi dalla neuroscienza, dall’epigenetica e da tutta la corrente abbastanza recente della neuropedagogia.
La plasticità neuronale, e torniamo al punto di partenza, ci fa capire quindi quanto siano enormi le potenzialità del cervello umano ma anche di quanto questo sia estremamente vulnerabile.
Cosa ricorderà il mio bambino dei suoi primi anni?
La struttura dei ricordi ha inizio da subito, addirittura dal periodo gestazionale ma esattamente cosa si immagazzina?
Tuo figlio non potrà ringraziarti per le notti insonni o perché quella volta tu ti sei svegliata a cambiarlo, no, questi episodi lui non se li ricorderà o meglio, non li potrà raccontare.
Di fatto però si saranno comunque fissati nel suo essere e lo guideranno nel mondo, facendo di lui l’adulto che sarà con le sue abitudini, i suoi schemi mentali e le sue reazioni istintive.
Nello specifico il neonato e il bimbo sotto ai 3 anni memorizza – come spiegato prima – attraverso esperienze: che siano date da emozioni, da contatto o da movimento.
Ci sono più modi di ricordare e più modalità per fissare il ricordo e ripescarlo in seguito, e questo meccanismo è attivo già in utero e sarà in costante divenire.
E allora alla domanda “ma cosa ricorderà?” rispondo che più che un qualcosa di esplicitabile a parole e attraverso la narrazione, dei primi anni rimane l’esperienza vissuta sulla propria pelle (pelle che ricorda!) di come abbiamo imparato a relazionarci e a interagire col nostro primo ambiente di sviluppo che sono proprio i genitori.
E queste sono le memorie emozionali che sottenderanno al comportamento implicito del futuro adulto andando a creare le sue aspettative di vita: come approcceremo nuove situazioni, nuove persone, come gestiremo il disagio o la tristezza, come e se condivideremo le nostre gioie e soddisfazioni.
Tutto questo è strettamente relazionato allo stile di attaccamento che avremo sviluppato con la nostra mamma, in primis, ma poi anche col papà e il resto delle figure di accudimento che avremo incontrato nella nostra crescita.
Non a caso i laboratori di neuroscienze BabyBrains per genitori di bambini in fascia 0-3, iniziano con il modulo sulla memoria per concludersi al sesto incontro parlando di attaccamento.
Se vuoi approfondire il tema della memoria e in generale tutto ciò che riguarda lo sviluppo cognitivo del tuo piccolino, potremo farlo assieme e ne sarò estremamente felice.
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