Col termine inglese “bonding” si intende il legame profondo che si crea, sin dal periodo intrauterino, tra la mamme e il suo bambino. È un legame che permetterà e sarà la base della sopravvivenza del piccolo perché faciliterà tutte le cure prossimali di cui avrà bisogno: allattamento, contatto, contenimento e protezione.
Durante la gravidanza, la donna diventa più sensibile, perspicace, istintiva. Diversi studi scientifici hanno dimostrato come nei 9 mesi di gestazione, la donna arrivi in maniera del tutto naturale ma inconsapevole a lasciar sempre più spazio al cervello arcaico, che sarebbe poi l’ipotalamo, rispetto alla neocorteccia che viene comunemente maggiormente utilizzata, la nostra parte razionale.
Così in gravidanza pian pianino si darà sempre più ascolto all’ipotalamo, che basa il proprio funzionamento su tutta una serie di istinti primordiali che col tempo abbiamo imparato a silenziare ma che hanno permesso proprio l’evoluzione della specie. Mi riferisco in particolare all’istinto di riproduzione e di sopravvivenza, della nostra capacità di partorire e di accudire in seguito la nostra creaturina.
Le mamme sanno tutto: come favorire il bonding?
Non a caso, uno dei più noti ostetrici che ha diffusamente parlato di bonding, Frederick Leboyer, scrive
“Le mamme sanno già tutto, ma non lo sanno. Loro sanno partorire e i loro bambini sanno nascere.”
Fa parte del nostro DNA.
A questa capacità innata, possiamo sicuramente aggiungere che la donna che pratica yoga in gravidanza riuscirà ad amplificare queste doti andando a rafforzare quella relazione di base che già si sta creando col bimbo che porta in grembo. Questo perché lo yoga riesce a metterci in profondo ascolto con la nostra mente, risvegliando la consapevolezza di quel bambino che cresce all’interno della nostra pancia.
Durante i 9 mesi di gestazione, il bambino e sua madre comunicano in continuo, c’è un filo diretto – che poi è proprio il cordone ombelicale – che li lega e attraverso la placenta – nota anche come “il chakra dimenticato” come racconta Robin Lim; c’è uno scambio continuo di risorse, sia alimentari che emotive. Come favorire il bonding se non assecondando questo istinto innato.
Potremmo affermare che al momento nascita, la madre arriva leggermente avvantaggiata rispetto al papà. E allora cosa si potrebbe fare per agevolare e favorire un bonding profondo anche tra papà e bimbo, fin dai primissimi giorni di vita?
Il babywearing: una risorsa ineguagliabile per favorire il bonding
Il babywearing letteralmente significa: vestirsi del bambino.
Di fatto è quel che succede quando decidiamo di legarci i nostri bimbi addosso attraverso una fascia o altro tipo di supporto porta-bebé.
Il babywearing viene definito da molti come mezzo alternativo di trasporto, al posto dei soliti passeggini ma personalmente mi piace definirlo una specifica modalità di accudimento del nostro bambino.
Il portare innesca un dialogo unico e del tutto particolare, in qualche modo esclusivo, tra chi porta e il bambino. Si tratta di un linguaggio basato sul contatto, e va detto che una relazione a così stretto contatto la si può avere solo per un periodo limitato e se non la si vive a tempo debito poi potremmo pentircene perché non tornerà più.
“Come una porta che si chiude a un certo punto della vita, la comunicazione con il bambino non sarà mai più cosi fisica”
ci racconta Esther Weber.
Portare è uno strumento utile e valido per costruire una buona relazione e c’è anche un parallelismo tra i principi della teoria dell’attaccamento di Bowlby e gli step che si sviluppano durante il percorso del babywearing. Fondamentale anche per favorire il bonding.
Ci tengo a precisare che la teoria dell’attaccamento è ormai la base dalla quale partono studi e concetti che arrivano a stabilire in maniera pressoché indiscussa che attaccarsi, non è solo un bisogno biologico ma una necessità psicologica fondamentale per un sano sviluppo.
Il babywearing è una modalità di relazionarsi e dialogare col nostro piccolo;
questo dialogo si sviluppa all’interno di un caldo abbraccio di stoffa tessuta.
Grazie al babywearing hai modo di sperimentare un contatto continuo
e prolungato col tuo bimbo,
un contatto che passa dalla pelle e giunge ai sensi, al cuore e dona emozioni uniche.
Perché il contatto è parte dei bisogni irrinunciabili e fisiologici dei bambini?
Iniziamo col ricordare che la pelle è l’organo del nostro corpo che si sviluppa per prima, è quello più esteso e che presenta il maggior numero di connessioni col nostro sistema nervoso centrale e in questo senso il contatto garantisce al bambino la sua sopravvivenza fuori dall’utero.
Inoltre, grazie al contatto – che può ovviamente avvenire attraverso una fascia – regaliamo calore e sostegno; andiamo a contenere, nel vero senso della parola, il nostro piccolino.
Il contatto che definisce il confine, il contatto che dona sicurezza e calore, il contatto che soddisfa un bisogno primario, il contatto che contiene e lo fa attraverso le braccia o una fascia.
Il babywearing consente di abbracciare il proprio piccolo costantemente,
trasmettendogli quindi quel calore,
quel contatto, quel contenimento e soprattutto quell’amore insostituibili
e che costituiscono il fondamentale nutrimento emotivo del neonato.
Attraverso questa particolare modalità di accudimento – definita ad alto contatto – si riesce ad entrare in maggior empatia col nostro cucciolo, si impara a capirlo meglio e più velocemente; si acquisisce una nuova modalità di ascolto reciproco.
Ecco che ho brevemente spiegato quali sono i vantaggi dell’indossare i propri bambini; immaginate ora che risorsa può diventare per i papà abbinare una pratica yoga al portare il proprio cucciolo in fascia fin dalle prime settimane.
Infatti, non ci sono assolutamente controindicazioni ma solo una raccomandazione ossia di affidarsi ad una consulente babywearing che possa insegnare a posizionare al meglio e in piena sicurezza il bambino in fascia, che abbia le competenze per correggere la posizione e per suggerire quale supporto può essere utilizzato.
Il babywearing: un potente dialogo tra chakra
In generale possiamo decidere di posizionare il proprio bambino di fronte a noi – posizione cuore a cuore – o sulla schiena o sul fianco.
Sicuramente per la pratica sconsiglio l’ultima opzione e suggerisco di iniziare comunque dalla classica legatura frontale, sicuramente per chi è neofita ma anche perché è la posizione a noi occidentali più cara, la possibilità di poter guardare il nostro piccolino ci aiuta a sentirci più vicini e competenti quindi ritengo inutile e controproducente andare a forzare questo nostra abitudine congenita.
Quindi ora farò riferimento proprio alla posizione cuore a cuore che
è poi quella dalla quale si inizia perché facilità la conoscenza
e il dialogo della diade non solo attraverso la pelle,
il contenimento e il contatto ma anche col supporto della vista.
Quando portiamo in fascia il nostro bambino, gli stiamo permettendo di invadere in maniera costante la nostra aurea, il nostro spazio personale.
Quello spazio energetico che vibra attorno a noi e che, al contempo, permette di relazionarci e sintonizzarci con gli spazi energetici delle altre persone.
La posizione cuore a cuore in fascia, mette in stretto contatto i nostri primi 5 chakra a tutti quelli del nostro piccolo bambino. Come favorire il Bonding se non attraverso questo contatto.
Nello specifico, il chakra della radice, il chakra fondante del bambino, quando viene tenuto in fascia si trova esattamente a metà tra il secondo e il terzo chakra del papà.
Questo cosa significa? Significa che alla base del senso di sicurezza del piccolo ci sarà anche l’equilibrio venutosi a creare tra la capacità di vivere sentimenti profondi (Svadhistana) e la propria forza di volontà (Manipura).
Oltre a questo, il chakra del cuore del papà si trova a contatto con ben tre chakra del bambino: cuore, gola e terzo occhio. In questo caso possiamo dire che stando in cosi stretto contatto con l’energia del cuore, quel’energia che parla di amore e relazione, il piccolo imparerà a sua volta ad amare, a relazionarsi, a esprimersi, ad ascoltare la sua voce interiore, a connettersi col mondo e questo proprio perché lui si sta nutrendo di questa energia dal suo chakra legato alle relazioni (cuore), alla comunicazione (gola) e all’intuizione (terzo occhio).
E lo fa, appoggiandosi al chakra che parla ed è amore allo stato puro.
Se ti va ho preparato per te una mini sequenza yoga da fare col tuo bambino in fascia, vale chiaramente sia per mamme che papà e la trovi qui!
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